Banche, intervenire subito sugli illeciti del Regno unito
L’Abi chiede al Governo, alla Banca d’Italia e alla Consob di intervenire con urgenza nei confronti del governo britannico per fermare i furti di identità ai big della finanza italiana attraverso società che “clonano” i nomi degli istituti di credito con il rischio di truffe o riciclaggio.
L’inchiesta pubblicata sul Sole24Ore di ieri ha fatto emergere anche in Italia un problema che nel Regno
Unito è all’ordine del giorno ma che non viene affrontato dal governo di Boris Johnson.
Attraverso l’analisi dei documenti di migliaia di limited company depositati presso la Companies
House (il registro delle imprese britannico), sono emersi decine di casi di società che hanno nella loro ragione sociale gli stessi nomi di banche italiane. Così ieri il presidente dell’Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli e il direttore generale, Giovanni Sabatini, hanno inviato una lettera ai ministri competenti italiani, alla Banca d’Italia e alla Consob chiedendo di intervenire «con la massima urgenza e tempestività nei confronti del governo britannico e delle altre istituzioni competenti del Regno Unito affinché siano immediatamente presi tutti i provvedimenti necessari per porre fine alle attività illecite e per perseguire i responsabili in tutte le sedi».
La lettera fa riferimento all’inchiesta del Sole24Ore «in cui si riporta la notizia di gravissime attività truffaldine perpetrate nel Regno Unito ai danni di banche italiane e, potenzialmente, dei loro depositanti e, più in generale, degli investitori ».
Dalla Cassa Depositi e Prestiti alla Banca Nazionale del Lavoro, dalla Cassa Lombarda, al Credito Emiliano, le banche i cui nomi vengono replicati tali e quali da società registrate a Londra sono molti. Anche Intesa San Paolo e Unicredit sono finite nel mirino.
Tra le istituzioni utilizzate a loro insaputa c’è anche la Cassa Nazionale del Notariato, che gestisce le pensioni dei notai. E ieri Valentina Rubertelli, presidente del Consiglio nazionale del Notariato, è intervenuta per ribadire che «il sistema delle shell companies e dei furti d’identità va combattuto a livello
internazionale e in maniera uniforme. Nella materia – ha aggiunto – il notariato italiano è un modello di
riferimento: efficienti controlli preventivi cui conseguono mirate e numerose segnalazioni alle autorità
competenti. Ordinamenti che permettono, in nome di una presunta efficienza, l’ingresso nel sistema di società costituite senza alcun tipo di controllo mortificano la lotta alla criminalità ».
Se in Italia, infatti, occorrono almeno 300 euro per fondare una start- up e bisogna allegare la documentazione sull’identità dei soci e degli amministratori e sul capitale versato, in Gran Bretagna questo non accade. Chiunque può fare qualunque cosa, come dimostrano decine di casi concreti. Companies House non controlla perché non è tenuta a farlo e perché non ha il personale sufficiente. Le società registrate in Gran Bretagna sono più di 4,7 milioni e solo nell’ultimo anno ne sono state iscritte ben 810.323. Per Maria Nizzero, research fellow al Centre for Financial Crime and Security Studies (Cfcs) del Royal United Services Institute (Rusi), «la riforma di Companies House è indispensabile. Ce lo chiedono tutti. È stata promessa e ci sono state le consultazioni in Parlamento per il testo della legge ma per il momento resta ferma. Sappiamo che ci sarà ma non sappiamo quando».
Articolo del Sole24Ore, scritto da Angelo Mincuzzi, in allegato pdf il testo completo dell’articolo
https://www.notaiorubertelli.com/wp-content/uploads/2022/02/Il_Sole_24_Ore_20220218110000.pdf